Tanti sono gli ambiti in cui le opinioni si dividono sugli opposti. Come la specializzazione oppure la generalizzazione, il particolare o la visione d’insieme, hard skills o soft skills, benessere o produttività.
Ci piace parteggiare per l’una o per l’altra; e spesso, se non sempre, parteggiamo per quella che è più vicina a noi.
Ma se la soluzione fosse la contaminazione?
Se fossi bianco e dovessi accettare e accogliere, che so, un 20% di nero, ne saresti capace?
E quel nero cosa diventerebbe? Una macchia? Un segno distintivo? Oppure un nuovo colore?
Da questo determini cosa diventi quando un cambiamento, voluto come una promozione o improvviso come una pandemia, accade.
STARE SUL PEZZO
Ricordo ancora quando l’A.D. di un’azienda per cui lavoravo citò il titolo del libro che nel 1996 il fondatore di Intel, Andy Grove scrisse: “Only the paranoids survive”. Focalizzazione, specializzazione, maniacale attenzione anche al più insignificante particolare: questo era il concetto da seguire, a suo avviso, per essere i migliori; nessuna pietà per l’umana distrazione.
Sentii un fremito di repulsione, quasi un conato, e non vidi l’ora di andarmene via, dato che non potevo mandare via lui.
Ha avuto ragione. Ha portato quell’azienda ad essere un “top player” nel suo settore. Era il momento giusto per quell’approccio, ed è stato vincente.
Ma ora i nodi di quel pensiero stanno venendo al pettine. A forza di guardare i particolari perdi la visione dell’insieme. Perdi la dimensione umana che ora stai magari cercando faticosamente di recuperare; ma per farlo dovresti fare un passo indietro, chiedere scusa e ricominciare. Chiedere scusa, non pentirsi; semplicemente scusarsi per aver compreso i propri limiti. Ma questa è una delle cose che all’essere umano riesce più difficoltosa.
Di contro, io ci provo. E allora, adesso che posso dire: “visto, lo avevo detto io, e per di più in tempi non sospetti” scelgo di tacere questa frase e pensare, ricordare, che per oltre un decennio quel manager ha avuto ragione.
Faccio un esempio: c’è un’attività nel mio lavoro che è centrale; è il motivo per cui mi sveglio la mattina e faccio tardi la sera; è quella in cui dò il meglio e anche quella che mi dà il meglio, che mi permette di avere performances eccellenti e di imparare ogni giorno qualcosa in più per migliorare le performances successive. Ma il mio lavoro non è fatto solo da questa attività e quando sono impegnato in altro, spesso la mia attenzione non resta sull’attività che amo, e arrivo ad un punto in cui comincio a chiedermi chi me lo fa fare e perché; e a volte mi sento anche poco capace. Come un campione sportivo che vive per la gara e in allenamento si chiede cosa sta sudando a fare, a cosa gli serviranno quegli esercizi così diversi e lontani dalla prestazione da fornire nella competizione.
Mai perdere di vista la tua gara: tienila sempre nella mente, anche quando fai altro. Questo è quel pizzico di paranoia che non bisogna tralasciare.
E allora va bene il multitasking, l’occhio verso le novità, la visione d’insieme, la pluralità di interessi, il voler accontentare tutti, l’essere capace di svariare in più settori; ma mai dimenticare il “core”, il punto centrale intorno a cui la molteplicità di interessi deve guardare. Soprattutto mai dimenticare che bisogna avere e definire nei minimi dettagli, con l’ossessione che solo il “paranoico” sa avere, il centro: l’obiettivo a cui si vuole giungere.
E io sono dell’opinione che di obiettivo ce ne può essere uno solo, ma fatto di tante specifiche che lo compongono. L’uno e il tutto, il tutto e l’uno, come amano dire gli alchimisti.
Allora testa alta, sguardo aperto al tutto, ma attenzione centrata ad un punto che sia il porto a cui arrivare.